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SOCIAL E AUTOSTIMA

Esiste una relazione?

La risposta è: sì. Lo testimoniano numerose indagini, tra le quali spiccano i risultati[1] ottenuti dalla Royal Society for Public Health su un campione di 1479 giovani fra i 14 e i 24 anni: per la nostra salute mentale, la piattaforma peggiore pare essere Instagram.

Altri dati allarmanti sono stati ottenuti in Canada dalla ricercatrice Bailey Parnell[2]: i disturbi più connessi all’utilizzo senza controllo di Facebook e affini sono l’ansia, la depressione e lo stress. Considerando che il 90% della popolazione americana e europea tra i 18 e i 29 anni passa una media di 2 ore al giorno sui social, questo dato è decisamente preoccupante.

Parnell sostiene che i motivi che ci portano a sviluppare problemi psicologici da iper-connessione siano tendenzialmente quattro:

  1. ·         Highlight reel: nei nostri diari di facebook o sui nostri profili di Instagram siamo portati a condividere tutto ciò che ci accade di positivo. Le nostre identità digitali diventano quindi una raccolta di tutti i nostri successi, un mulinello (“reel”, appunto) nel quale, chi ci si imbatte, può conoscere quant’è bella la nostra vita. Il problema nasce quando confrontiamo i nostri goals con quelli degli altri. Si potrebbe dire “Beh, il confronto l’abbiamo sempre cercato, siamo esseri sociali”, ma in questo caso è diverso dato che siamo portati a farlo tutto il giorno. E se pensavate che ricevere molti likes potesse aumentare l’autostima delle persone, dobbiamo deludervi: una ricerca irlandese afferma quanto questa affermazione sia in falsa[3].
  2. ·         Social currency: sui social vige una valuta differente rispetto all’euro o al dollaro. Questa “moneta” sono i likes che ogni nostro post riceve. Ciò ci porta ad avere una stima di noi stessi basata sul numero di apprezzamenti ricevuti online, e ciò ha effetti ancora più forti quando parliamo di adolescenti, ossia di persone che non hanno ancora un’identità definita e sono più dipendenti dal giudizio altrui rispetto agli adulti. Questo ci porta a cancellare i post che hanno ricevuto poche interazioni esattamente come un negoziante toglierebbe dalla vetrina la merce che non vende. Diventiamo, in sostanza, un prodotto con un determinato valore.
  3. ·         FOMO (Fear Of Missing Out): 7 canadesi su 10 hanno pensato di cancellare i propri profili social, ma non l’hanno fatto per paura di rimanere “fuori dal giro”. FOMO indica precisamente l’ansia di perdere aggiornamenti importanti (“Ehi sai che è success-Ah no tu non sei su facebook”) oppure occasioni per postare (v. le festività come il Natale o il Capodanno). Alcuni soggetti arrivano addirittura a sviluppare la nomofobia (no-mobile-fobia), ossia l’ansia di rimanere senza cellulare.
  4. ·         Online harassment: traducibile con “violenza online”, vi rientrano fenomeni quali lo stalking e il bullismo. Se un tempo il bullo poteva esercitare violenza solamente a scuola, con i social può farlo anche “a distanza” o in anonimato. Per le vittime, ciò si traduce con un bullismo che arriva a durare 24h/24.

Ma perché stiamo sui social?

La risposta rintracciabile nella maggior parte delle ricerche è: la dopamina. Questo neurotrasmettitore, legato alla sfera del piacere e al meccanismo della ricompensa, si attiva quando riceviamo likes, quando altri condividono i nostri post, quando riceviamo una notifica. Insomma, quando viviamo un’esperienza che ci fa sentire gratificati. Questa dipendenza porta il nostro cervello a ricercare costantemente questi stimoli facendo dipendere la nostra autostima e il nostro valore dalle interazioni che ricevono i nostri post.
Inoltre, specie per gli adolescenti, tutto ciò si tramuta in una sempre più diffusa incapacità di mantenere un’attenzione focalizzata su un singolo compito, con conseguenze negative sul profitto scolastico.
Anche l’ansia da perfezionismo sta diventando sempre più diffusa tra gli adolescenti: una ricerca[4] dell’APA (American Psychological Association), analizzando circa quarantamila profili social di studenti statunitensi, ha messo in luce quanto gli adolescenti ne siano influenzati, portando a problemi quali l’ansia, la depressione e gli istinti suicidi.

Per questi motivi, sempre Parnell indica quattro modi per cercare di far fronte a questo fenomeno:

  • ·        Prendere coscienza: riconoscere un problema è il primo passo per risolverlo, lo sappiamo tutti, e non è mai stato così vero come in questo caso. Tutti vediamo i social come un qualcosa di innocuo, ed è per questa loro reputazione che dobbiamo continuamente mantenere viva in noi stessi la consapevolezza di quanto siano uno strumento tanto meraviglioso quanto pericoloso.
  •       Una dieta mediatica: sappiamo quanto sia importante avere una buona alimentazione in cui proteine, carboidrati, grassi e sali minerali siano assunti con moderazione ed equilibrio, perché non poniamo la stessa attenzione alle nostre app?
  • ·         Una migliore esperienza online: per alcuni è consigliabile smettere di seguire influencer ricchi e brand di lusso per non ricordare sempre quanti oggetti non possiedono, per altri invece sarebbe più salutare non seguire più profili dedicati al cibo ipercalorico. Non esiste una ricetta preconfezionata: si tratta di capire che cosa ci fa stare bene e che cosa invece ci provoca reazioni negative.
  • ·         Avere una buona condotta: difficilmente insulteremmo qualcuno per strada per com’è vestito, perché lo facciamo online? Ciò avviene perché non vi è rispecchiamento emotivo ed è più semplice vedere il proprio interlocutore come una “cosa” piuttosto che come una “persona”. Questo aspetto fa capire quanto ci sarebbe bisogno di un’educazione ai media nelle famiglie e nelle scuole.

Detto ciò, ovviamente non vogliamo demonizzare i social: sono uno splendido strumento che permette di comunicare con tutto il mondo e di rimanere facilmente in contatto con chiunque. Grazie a facebook possiamo conoscere gruppi di persone che studiano giapponese e apprenderlo con loro, grazie a Instagram possiamo conoscere persone che hanno le nostre stesse passioni o hobbies, grazie a Twitter possiamo rimanere aggiornati in tempo reale su quanto avviene nel mondo. La differenza sta nella consapevolezza.

Non daremmo mai a nostro figlio o a nostra figlia un coltello in mano senza prima esserci assicurati che lo sappia utilizzare nel migliore dei modi.
Perché non facciamo altrettanto con i social?


Matteo Botto
Educatore e Tutor DSA
365 No Problem



[1] https://www.rsph.org.uk/our-work/campaigns/status-of-mind.html

[2] https://www.youtube.com/watch?v=Czg_9C7gw0o

[3] https://www.eurekalert.org/pub_releases/2017-05/bps-fld050117.php

[4] http://www.apa.org/pubs/journals/releases/bul-bul0000138.pdf

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